mercoledì 4 luglio 2012

DIFFICOLTA' COMUNICATIVE NEL BAMBINO SORDO

E’ vero che il bambino sordo tende a isolarsi rispetto ai compagni, ma è altrettanto vero che questo avviene a causa delle difficoltà comunicative.
Non dobbiamo infatti mai dimenticare che la sordità è un deficit sensoriale che, se è da solo, lascia integre le facoltà intellettive.
I problemi dunque riguardano la comunicazione ed esistono alcune strategie comunicative che gli udenti devono conoscere per poter comunicare più facilmente con il bambino sordo:


  • mettersi sempre di fronte a lui quando si parla;
  • accertarsi di avere il viso e la bocca ben illuminati (mai mettersi contro luce);
  • parlare in modo chiaro e semplice, senza usare frasi lunghe e con troppe subordinate;
  • smettere di parlare quando si è girati a scrivere alla lavagna;
  • parlare a turno, uno per volta, e segnalare con la mano quando qualcuno interrompe e interviene nella conversazione;
  • toccare leggermente sul braccio il bambino per richiamare la sua attenzione, mai all’improvviso e alle spalle;
  • farlo partecipe di tutto quello che avviene in classe e che a lui può sfuggire. Ad esempio avvisarlo quando il bidello entra per un avviso, mentre lui è chino sul quaderno a scrivere;oppure spiegargli cosa succede, quando qualcuno dal fondo della classe lancia una battuta e tutti scoppiano a ridere.

Un gioco di simulazione, che si può proporre per meglio far comprendere alla classe le difficoltà delle persone sorde, è quella di porsi tutti in cerchio per raccontare, a turno e senza voce, quello che si è fatto il pomeriggio precedente.
Immediatamente vengono fuori i problemi:

  • non tutti articoliamo le parole allo stesso modo (i sordi dicono che le labbra sono come i polpastrelli delle dita: non ce ne sono due uguali);
  • non tutti abbiamo la stessa capacità di leggere sulle labbra;
  • la lettura labiale è molto faticosa perchè richiede un’attenzione visiva costante;
  • se più persone parlano contemporaneamente è impossibile seguire la conversazione;
  • se parlando usiamo la gestualità spontanea, la comunicazione diventa più chiara ed efficace;

quando non comprendiamo quello che gli altri dicono, diventiamo nervosi, diffidenti e anche permalosi (sono le caratteristiche della personalità che negli stereotipi vengono imputate ai sordi).

giovedì 21 giugno 2012

BILINGUISMO IN ITALIA

Da una quindicina di anni anche in Italia si sta diffondendo la consapevolezza di quanto sia meglio scorporare l’apprendimento della lingua parlata dallo sviluppo del bagaglio culturale, in quanto, ciascuno, se carente, funge da limite allo sviluppo dell’altro.
Per lo sviluppo culturale del bambino e per la salute mentale di tutti, è preferibile avviare il bambino sordo, la sua famiglia e i suoi insegnanti verso una situazione di bilinguismo, attraverso un rapporto costante con adulti sordi preparati e con la comunità dei sordi in generale, che garantisca, attraverso la lingua dei segni, il pieno sviluppo linguistico, cognitivo ed affettivo del bambino e lo prepari ad affrontare la scelta dell’iter scolastico sulla base delle proprie inclinazioni, grazie anche alla possibilità recente di ottenere interpreti a scuola. Per ottenere i migliori risultati possibili nell’apprendimento dell’italiano parlato e scritto è preferibile insegnarlo come seconda lingua, via via che il bambino cresce e che mostra interesse per la conoscenza del sistema di comunicazione utilizzato dalla maggioranza delle persone care che lo circondano.

mercoledì 20 giugno 2012

ACCETTARE O NO LA SORDITA'

Per comprendere meglio il mondo del Silenzio presento due realtà: l’una di persona che si accetta nella sordità, l’altra la sfugge e combatte.
Credo che abbiate udito o letto la parola eutonologia. Studia la scienza di «star bene nella propria pelle». Proposta dal filosofo e biologo Henri Laborit, nonno di Danielle, sorda, attrice e autrice del libro autobiografico Il grido del gabbiano. Molti sordi dalla nascita o divenutili durante lo sviluppo chiedono alla società di maggioranza d’essere compiutamente nella propria pelle. Molti incontrano difficoltà in questo, anzi gli divienta impossibile. Ci sono genitori che, già nei primi mesi di vita del piccolo, decidono per l’impianto cocleare. Agli impiantati (pare) venga limitata l’attività sportiva competitiva, talvolta anche ludica, attraverso la quale, molti di loro, entrano in relazione con i coetanei udenti riportandone gratificazione. Sono bambini impediti a divenire se stessi.
La sordità grave o meno grave conduce alla complessività psicologica, ad una rielabotazione dell’Io.
C’è la persona sorda che non si accetta, non perché soffre la disabilità sensoriale, ma perché si ritrova inconsiderata nella società o gruppo professionale o amicale. Ecco che il tutto si sposta nell’accettarsi ed essere accettato.

LO SCREENING PER I BAMBINI SORDI

Il diritto alla salute, che consiste anche nella possibilità di utilizzare tutti i sensi, è il principio che guida la democrazia sociosanitaria. Tuttavia questo traguardo non è ancora raggiunto in tutte le regioni italiane, per quanto riguarda lo screening. Sette sono le regioni che, con una normativa, impegnano il settore sanitario a valutare le condizioni d’udito del neonato.

Sono le Marche, la Toscana, l’Emilia-Romagna, la Sardegna, la Campania, la Liguria e la Lombardia. Ogni anno i bambini che nascono con sordità profonda sono circa 1.100. Lo screening audiologico è fondamentale per approfondire le cause di un’eventuale sordità, e quindi per un buon recupero della potenzialità uditiva; infine ci vogliono i centri audiologici con personale qualificato. C’è, nel nostro paese, un’incuria ingiustificata sull’accertamento della sanità di un senso fondamentale come l’udito che governa la relazione del piccolo sia con i familiari - la madre in primis - sia con l’ambiente. Ogni ritardo è una colpa che va evitato.

martedì 19 giugno 2012

MUSICA E SORDITA'


Se si associano le parole “sordità” e “musica” vengono solitamente in mente due cose: “inutile” e “Beethoven”. La prima, anche se pensata in buona fede, è del tutto errata. I sordi amano andare a ballare in discoteca, ad esempio.  Ed è proprio il ritmo la chiave: esso è quella parte della musica, quel 50 % che si affianca alla melodia, che i sordi percepiscono, nonché la parte più intima e primitiva della musica, quella fatta di tamburi e percussioni e un pizzico di irrazionalità.
Ma vediamo molto brevemente cosa accade nel cervello di una persona sorda. Test scientifici condotti mediante l’esposizione di pazienti sani e pazienti sordi a delle vibrazioni sulle punte delle dita hanno mostrato come nei primi l’area del cervello ad essere sollecitata fosse quella tipica che elabora le vibrazioni, ma nei pazienti sordi si attivava anche la corteccia uditiva, preposta all’elaborazione dei suoni. Quella parte del cervello non cade quindi in disuso, semplicemente viene a svolgere una funzione diversa. Del resto sono note le straordinarie capacità di adattamento del nostro corpo a situazioni di svantaggio. Non è solo dalle orecchie, dai timpani, che si può sentire. I sordi, specialmente quelli dalla nascita, sviluppano capacità uditive in altre parti del corpo, come appunto nei polpastrelli. E in effetti i polpastrelli sono membrane di pelle, né più né meno dei timpani. Un neonato probabilmente sente il mondo anche attraverso di essi, dovendo ancora imparare a codificare gli stimoli che gli arrivano, e solo successivamente i polpastrelli perdono questa loro capacità per lo sviluppo di altri organi uditivi.
I bambini sordi traggono grandissimo beneficio dall’utilizzo della Musicoterapia, tecnica che utilizza la musica come strumento terapeutico a vantaggio del paziente. Il più grande problema delle persone che nascono o sviluppano questo tipo di handicap è il rapportarsi col mondo esterno, non avere punti di riferimento sul quale costruire la propria realtà. Attraverso il ritmo della musica si può insegnare a un bambino sordo a migliorare la propria condizione e la propria percezione dell’ambiente, ad aumentare la sua soglia d’attenzione e a migliorare i rapporti che andrà a costruire con altre persone. I sordi sono attirati dalla musica, e il più grande ostacolo che possano trovare non è la sordità, ma i pregiudizi dei parenti e persino dei medici. Del resto, quanti genitori sottoporrebbero il loro figlio sordo a sessioni di musicoterapia? La musica non è un patrimonio esclusivo di chi la sente con le orecchie, è un patrimonio per tutti coloro che la sentono.

lunedì 18 giugno 2012

IL RUOLO DEL GIOCO NELLO SVILUPPO SOCIALE E COGNITIVO DEL BAMBINO SORDO

Il gioco ricopre un ruolo chiave per il raggiungimento di un positivo sviluppo psicosociale nei bambini sordi, come dimostrano diverse ricerche.
Tra le prime ricordiamo quella condotta da Higginbotham e Baker nel 1981. Gli autori hanno realizzato uno studio comparativo su bambini sordi e udenti di età compresa tra i 47 e i 66 mesi concludendo che i bambini sordi, rispetto ai bambini udenti, dedicavano meno tempo alle attività di gioco cooperativo e significativamente più tempo alle attività di gioco solitario. Inoltre, la quantità di tempo dedicata al gioco solitario era di gran lunga maggiore rispetto a quella dedicata allo stesso da parte dei bambini udenti di età inferiore.
I risultati di questo studio è probabile siano riconducibili non alla sordità in sé, ma alle difficoltà comunicative e alla carenza di competenze sociali che non consentivano interazioni ottimali da parte dei bambini sordi.
Studi successivi confermano questi primi risultati. In particolare, Vandell e Gorge misero a confronto il gioco in diadi composte da bambini sordi con il gioco in diadi composte da coetanei udenti.  I risultati mostrarono che i bambini sordi iniziavano le interazioni di gioco in misura maggiore rispetto ai pari udenti. Tuttavia, questi ultimi rispondevano alle richieste di gioco da parte dei loro compagni nel 75% delle volte, mentre i primi solo nel 40% circa. Gli autori attribuirono tali risultati al fatto che i bambini sordi non fossero consapevoli, non si accorgessero, dei tentativi di richiesta di gioco da parte degli altri bambini.

I bambini sordi, utilizzando sistemi di comunicazione per i quali lo spazio visivo è fondamentale, spesso falliscono nel rispondere a gesti o segni quando i loro occhi sono "attratti" dagli oggetti del gioco. Infatti, essi sperimentano la difficoltà di dividere l'attenzione tra le richieste dei pari e l'attività di gioco. In particolare, quanto più essi vengono assorti in tale attività, la conversazione, così importante nel gioco di tipo cooperativo e parallelo, viene spesso dimenticata.
Mentre i bambini udenti hanno la possibilità di ascoltare e rispondere simultaneamente e contestualmente al gioco, sviluppando così la competenza sociale, i bambini sordi devono scegliere di dedicarsi ad una attività per volta. Vi può essere pertanto una diminuzione dell'interazione con i pari nel momento in cui il bambino intraprende una attività di gioco.

domenica 17 giugno 2012

SORDOMUTI E ATTIVITA' SPORTIVA

Per capire come l'attività motoria possa aiutare i sordomuti bisogna prima capire la personalità del soggetto sordomuto. Il sordomuto è molto vigile e attento, le sue manifestazioni esterne sono rivolte sempre all'ambiente esterno e ciò nasce dall'esigenza di capire il più possibile ciò che succede intorno a lui. Egli dimostra una grande socialità che è giustificata dalla continua ricerca in se stesso di avvicinarsi il più possibilità alla normalità. Tuttavia i gesti e la mimica che egli pone nell'azione di relazione con gli altri lo fa apparire goffo nei movimenti che compie per esprimersi.
 L'attività motoria riveste un ruolo molto importante nel sordomuto. Bisogna prediligere giochi di coordinazione, giochi ordinati con o senza palla, esercitazioni ginnastiche e preatletismo  generale poiché queste forme di attività motoria sono svolte in forma globale e abbracciano tutto il lato fisico del sordomuto, l'importanza di questa forma di attività motoria risiede appunto nel fatto che questi soggetti sono sempre in uno stato continuo di agitazione muscolare e nervosa  (giustificato dal motivo che si preoccupano di essere continuamente attenti alla vita che si svolge attorno ad essi, che coinvolgono non solo la mimica, ma tutta la persona). Lo scopo educativo del movimento ha motivo di essere tale in considerazione del fatto che questi necessitano di essere educati ad azioni coordinate di cui possono beneficiare anche nella vita sociale. A causa dell'agitazione psico-motoria sono importanti anche attività di rilassamento e di percezione del corpo. Infine la ginnastica respiratoria che tonifica i muscoli costali, indispensabile in quanto i sordomuti li hanno scarsamente allenati data la loro limitata fonazione.

sabato 16 giugno 2012

LINGUAGGIO DEI SEGNI: un nuovo software traduce in testo il movimento delle mani

Alcuni ricercatori scozzesi sono all'opera per mettere a punto un software in grado di tradurre simultaneamente il linguaggio dei segni in caratteri leggibili sullo schermo di un PC.
Questa tecnologia, unica nel mondo, potrebbe già essere disponibile entro un anno e gli scienziati concordano nell'affermare che porterebbe ad un cambiamento radicale nel modo di comunicare dei non udenti che in tal modo potrebbero contare su maggiori probabilità di inserimento nel mercato del lavoro.
Il meccanismo ideato dal gruppo di esperti è piuttosto semplice: una normale fotocamera registra i segni della mano dell'utente, segni che poi vengono importati come dati da elaborare da un programma informatico e poi tradotti in testo scritto in modo che chiunque possa leggere il contenuto del messaggio senza necessariamente conoscere il linguaggio dei segni.
In particolare, i ricercatori sperano di poter sviluppare il programma base - noto come "traduttore di linguaggio dei segni (PSLT) - in una applicazione che potrebbe essere utilizzata su PC, laptop, tablet, smartphone e altri dispositivi portatili.
Il programma è stato sviluppato presso l'Università di Aberdeen, attraverso uno spin-out chiamato Technabling e potrebbe essere utilizzato con una vasta gamma di lingue e di segni differenti. Inoltre poiché è noto che il linguaggio dei segni possa possa presentare dei limiti nell'espressione ad esempio di concetti tecnici o di traduzione di frasi tipiche di certi ambienti lavorativi, il software potrebbe anche essere strutturato per riconoscere il vocabolario personale di un singolo individuo.

giovedì 14 giugno 2012

SOFTWARE DIDATTICI

Per quanto riguarda i software didattici si può registrare l'utilizzo di tre categorie principali di prodotti: software progettati e realizzati per un target di discenti sordi, software didattici per un target generico ma accessibili ad utenti sordi, software non accessibili ad utenti sordi. Nell'ultima categoria rientrano tutti quei prodotti in cui sono importanti output sonori ma non viene prevista un alternativa visuale, o scritta come i sottotitoli. Quindi l'utilizzo di questi programmi è impossibile in auto-formazione e non sono da considerarsi ottimali se impiegati nel gruppo classe o con un sostegno, in quanto incentrati sul canale acustico vocale sottraggono al bambino sordo il fascino ludico dell'uso del computer nel processo formativo, sottolineando lo sforzo nel superare la barriera del canale deficitario.
I software progettati e realizzati per utenti sordi, non sono molti in quanto il numero ristretto di un target così specifico non garantisce certamente un successo editoriale. Spesso prodotti specifici sono stati prodotti con finanziamenti istituzionali.
Ultimamente, con l'uscita di software per la costruzione di prodotti multimediali rivolti ad un pubblico privo di un background da programmatore informatico e la conseguente maggiore facilità di assemblare un prodotto multimediale anche senza abilità particolari di programmazione, sono reperibili vari di questi prodotti.
La possibilità di poter finalmente analizzare diacronicamente le lingue dei segni, di poterle storicizzare, di poter infine sviluppare un corpus letterario è per i sordi una rivoluzione grande come è stata quella della fine dell'epoca preistorica, che li rende protagonisti e capaci di poter essere fonte centrale di diffusione dei saperi.

martedì 12 giugno 2012

LA MULTIMEDIALITA'

La carta è ancora il canale principale di diffusione del testo scritto, nonostante l'inarrestabile ascesa delle tecnologie digitali. Nel mondo dei sordi invece possiamo ragionevolmente affermare che la diffusione di nuove tecnologie ha prodotto una serie di profondi cambiamenti.

In campo culturale e didattico ci sono varie possibilità di usufruire delle nuove tecnologie per rivoluzionare radicalmente la trasmissione dei saperi ed i metodi di insegnamento rivolti a persone sorde. Mentre il libro è uno strumento “ mono-mediale ” che può essere integrato se non altro da immagini bidimensionali, l' ipertesto in sé integra, o meglio, rappresenta la convergenza di media diversi in una stessa struttura di veicolazione dei contenuti. Con un testo scritto su supporto cartaceo possiamo avvalerci al massimo dell'aiuto di qualche illustrazione mentre un supporto multimediale consente di veicolare l'informazione nel modo più adatto alla persona sorda: utilizzando ai massimi livelli il canale visuale e limitando l'uso della lingua scritta poco padroneggiata dai sordi. La multimedialità indica la presenza simultanea di media diversi, tra cui testi, immagini, suoni e filmati. Un documento è detto multimediale quando almeno due di tali elementi sono presenti contemporaneamente. Si sta assistendo, dunque, alla nascita di una nuova creatività, alimentata dalle molteplici doti comunicative del multimedia, i supporti tecnologici possono dare spazio a queste nuove frontiere della comunicazione.

lunedì 11 giugno 2012

METODI EDUCATIVI

Gli ultimi quindici anni hanno visto la nascita di nuove concezioni pedagogiche ed educative. Oltre che dell'oralismo si è cominciato a parlare d'educazione bilingue e del metodo bimodale.
Nell'ambito dei metodi oralisti ci sono diverse metodiche che hanno in comune la convinzione che il gesto uccide la parola e quindi non usano la lingua dei segni. Il limite di alcune metodologie esclusivamente oraliste è quello di privilegiare tra i molteplici aspetti del linguaggio solo quello articolatorio, puntando molto sull'articolazione e poco sulla comprensione, infatti lo stesso arricchimento lessicale è programmato in base alla difficoltà di pronuncia delle parole non tenendo in nessun conto il valore semantico. In questo modo la sordità è considerata solo in una prospettiva riabilitativa da un punto di vista clinico: diagnosi, grado di sordità, protesizzazione e logopedia. Si cerca con insistenza di “normalizzare” il bambino sordo facendolo assomigliare al bambino normoudente: la questione più rilevante è che al bambino sia insegnato a parlare bene.
Anche il metodo bimodale condivide l'obiettivo che il bambino sordo raggiunga una competenza nella lingua parlata e scritta il più simile possibile ad un bambino udente; condivide invece con il metodo bilingue la convinzione dell'integrità della facoltà di linguaggio nel bambino sordo. Si utilizza la modalità visivo-gestuale ma con la sintassi identica all'italiano parlato.
Nell' educazione bilingue il bambino viene esposto alla lingua vocale e alla lingua dei segni in contesti separati o da due fonti diverse.
Nel caso del bambino sordo non si può parlare di bilinguismo simultaneo in quanto l'apprendimento della lingua parlata procede più lentamente di quello della lingua segnata. I bambini sordi possono in pratica acquisire prima la lingua dei segni e più tardi la lingua parlata e scritta divenendo quindi bilingui. Resta completamente aperto il problema di come insegnare la seconda lingua: comunque chi sceglie di occuparsi della formazione dei sordi non può ignorare che le tecnologie informatiche possono permettere a chi manca del canale uditivo di ricevere il messaggio comunicativo anche in altre modalità, favorendone così lo sviluppo linguistico e cognitivo, minimizzando l'handicap.

giovedì 7 giugno 2012

LINGUAGGIO DEI SEGNI ALL'ASILO

E sono circa 6500/7000 i bambini che necessitano di un sostegno scolastico per problemi uditivi. Da questi dati si rileva che i bambini affetti da disturbi uditivi, non necessariamente sordi totali, sono davvero un numero elevato. Allora perché non si può migliorare la comunicazione sin dalla più tenera età nella fascia 0-3 anni cioè il periodo di maggior apprendimento? Giuseppe Lonero, capogruppo de La Destra, ha da poco presentato una mozione in cui propone di inserire una figura professionale specializzata nella Lingua Italiana dei Segni in almeno un asilo nido per Circoscrizione.Come si sa, La lingua dei segni è un sistema di comunicazione visivo utilizzato dalle comunità dei segnanti a cui appartengono in maggioranza persone sorde o con udito troppo debole per poter comunicare a voce (ad ogni nazione, tra l’altro, corrisponde una sua lingua).

“La dimestichezza con questo nuovo linguaggio (la Lis) – spiega nel documento Lonero – sarebbe per i piccoli udenti e non, un bagaglio culturale particolarmente utile e servirebbe in particolare agli udenti come nuovo sistema di simboli comunicativi”. Il consigliere fa rilevare che questa esperienza servirebbe da stimolo per lo sviluppo intellettivo, affettivo e sociale della fascia che va dai 3 mesi ai 3 anni, favorendo in modo armonico l’integrazione dei sordi e tutti avrebbero indistintamente le stesse opportunità di apprendimento. “Non solo – prosegue il Capogruppo – ma il bilinguismo ridurrebbe l’impatto emotivo e psicologico tra bimbi udenti e sordi favorendo la socializzazione, tanto da far diventare la Lis come madrelingua per i sordi e seconda lingua per i bimbi udenti.”

Il consigliere chiede all’Amministrazione che si effettui un censimento delle famiglie residenti con bimbi sordi al di sotto dei 3 anni di età, per modificare le regole di accesso alla graduatorie per favorire l’ingresso dei bimbi sordi negli asili nido dove sarà presente la figura professionale specializzata.

venerdì 1 giugno 2012

LA FIGURA DELL'ASSISTENTE ALLA COMUNICAZIONE NELLA SCUOLA

La legge 104/92 prevede la possibilità per i bambini sordi di essere affiancati da questa figura e sono in aumento le famiglie che lo richiedono, anche se la legge non ne ha ancora tracciato un profilo giuridico ed economico ben definito.
Al momento la prassi più diffusa è la seguente:
·         la famiglia inoltra domanda al Comune di residenza o alla Provincia (la competenza non è uguale in tutto il territorio) per ottenere l’assistente alla comunicazione;
·         spesso la Provincia non gestisce in proprio il servizio, ma delega enti, cooperative, associazioni, ecc... che nominano gli assistenti in base ad una lista compilata per titoli ed esami;
·         l’assistente viene inserito nell’istituzione scolastica, ma resta alle dipendenze dell’Ente o cooperativa che lo ha nominato. L’orario può oscillare dalle 10 alle 20 ore settimanali.
In tutta Italia sta aumentando notevolmente la presenza di questa figura professionale, non solo a scuola  ma anche in famiglia. L’operatore svolge un vero e proprio intervento educativo poiché deve rafforzare l’identità del bambino sordo facendogli comprendere il valore della sua diversità come risorsa positiva.
I requisiti dell’assistente alla comunicazione, secondo l’ENS, sono i seguenti:
·         deve conoscere benissimo la Lingua dei Segni Italiana (LIS);
·         deve aver frequentato un corso di formazione;
·         deve avere un titolo di studio adeguato: diploma di maturità per il nido, la scuola materna e la scuola elementare; diploma di laurea per tutti i gradi scolastici (dal nido alle superiori) ;
·         nel caso di operatore udente, deve essere figlio di sordo segnante (la sua competenza deve essere valutata mediante un esame) oppure aver frequentato un corso di Lingua dei segni di almeno 400 ore;
·         deve frequentare regolarmente la comunità dei sordi.
L’ingresso di un assistente alla comunicazione all’interno di una classe pone una serie di interrogativi sul lavoro di questo operatore per quel che riguarda il suo ruolo e le sue competenze, rispetto all’insegnante curricolare e di sostegno.
Il ruolo principale dell’assistente alla comunicazione è quello di “facilitare la comunicazione" tra la persona sorda, i docenti e i compagni di classe; pertanto egli non si deve porre come un insegnante, ma seguire le indicazioni concordate con il docente.

All’inizio c’è diffidenza e a volte ostilità verso questi operatori perché assistono alle lezioni ed inevitabilmente valutano le competenze didattiche dell’insegnante e la sua capacità di aver un buon rapporto con gli alunni. Altre volte, invece, soprattutto quando la comunicazione è molto difficile e l’alunno esprime il suo disagio con comportamenti aggressivi o di rifiuto a lavorare, l’assistente alla comunicazione viene accolto molto bene dagli insegnanti perché si rendono conto che una comunicazione più efficace riduce l’aggressività.




mercoledì 23 maggio 2012

IL TERMINE "SORDOMUTO" E' RELATIVAMENTE RECENTE

Non è vero che un sordo dalla nascita debba per forza essere muto: l’apparato vocale è indipendente da quello uditivo. In ogni caso ambedue possono leggere e scrivere e quindi comunicare con le altre persone normodotate e farsi una cultura.
A rendersi conto di ciò sembra essere stato per primo Rodolfo Agricola (1443-1485) che se ne meravigliò, ma la convinzione che i sordi fossero incapaci di ricevere un’istruzione non verrà messa in dubbio fino al XVII secolo. In Italia, invece, bisognerà aspettare il 1923 perché sia riconosciuto loro tale diritto.
Il primo ad affermare in modo esplicito che era possibile educare i sordi fu il medico italiano Girolamo Cardano (1501-1576) che sembra avesse anche elaborato un codice per l'insegnamento che purtroppo non sviluppò.
Fino alla fine del Settecento si trattava di un’educazione individuale, riservata ai figli di famiglie abbienti però, come i testi pubblicati stanno a dimostrare, il metodo di insegnamento consisteva in quello che si è poi definito “metodo orale”, che consisteva nel favorire l’uso della parola. Una svolta venne con l’abate de l’Epée (1712-1789) che arrivò a fondare, nel 1760 a Parigi, la prima scuola per sordomuti. Proprio nella sua scuola, il de l’Epée si accorse che i suoi allievi usavano tra loro dei segni spontanei. Ne rimase colpito e cominciò a codificare tali segni.

In Europa, si ebbero alcuni sviluppi grazie a studiosi quali Jean-Marc Itard, che può essere considerato il precursore di molte tecniche rieducative per bambini ritardati e la sua eredità sarà poi raccolta anche da Maria Montessori. Lui, che era stato un convinto sostenitore del metodo orale, negli ultimi anni della sua vita cambiò radicalmente parere, ritenendo che ogni rieducazione al linguaggio verbale doveva essere preceduta ed accompagnata dall’uso dei segni. Nella prima metà dell’Ottocento sono noti i nomi di alcune persone sorde, spesso insegnanti loro stessi, che scrivono su problemi ed argomenti relativi ai sordi.
L’Europa ebbe una battuta d’arresto nel 1880 a seguito di un Congresso internazionale tenutosi a Milano dove, contro il parere della parte favorevole alla lingua dei segni, di tutti i sordi presenti e di udenti stranieri come alcuni osservatori americani (Gallaudet e Penn), si arrivò alla conclusione di proibire in maniera assoluta negli istituti tale tecnica e di favorire esclusivamente il metodo orale.
Le conseguenze furono nefaste per le comunità sorde europee ed ancora oggi la mentalità in proposito continua ad elaborare metodi sempre più dannosi.

giovedì 26 aprile 2012

APPROCCIO SOCIO-EDUCATIVO ALLA PATOLOGIA E IMPORTANZA DELLA LIS


Dall’attuazione della legge 517, nasce l’acceso dibattito sull’efficacia o meno del linguaggio dei segni da adottare a scuola in presenza di altri studenti non sordi. La discussione coinvolge vari aspetti e punti di vista, ma la considerazione che in questo contesto è opportuno fare riguarda l’educazione, prima che dei sordi, degli udenti che assistono ed interagiscono con i sordi stessi. La lingua dei segni pur avendo la denominazione di lingua vera e propria, ancora oggi non viene regolarmente utilizzata nell’istruzione dei bambini sordi. Le motivazioni possono essere rintracciate nella scarsità di competenza e conoscenza, da parte soprattutto dei genitori stessi di questi bambini, sia della LIS sia dei metodi riabilitativi che possono e devono, in molti casi, essere applicati per diminuire l’handicap, metodi che esulano dalla protesizzazione o l’impianto presso i centri diagnostici specializzati.

I soggetti coinvolti, non potendo esprimersi nella forma comunicativa che viene loro spontanea, molto spesso subiscono importanti traumi nella delicata fase dello sviluppo delle loro abilità cognitive, linguistiche e sensoriali, con possibili ricadute psicologiche che danno vita a comportamenti quali impulsività, iperdipendenza, bassa autostima, aggressività. Per abbattere queste barriere linguistiche e principalmente psicologiche, come dimostrano gli studi neuro-psichici, è necessario mutare l’approccio socio-educativo nei confronti dei non udenti a partire dal contesto familiare di riferimento. Attuare nuove strategie comunicative per impedire il manifestarsi dell’isolamento, come rifugio dalle difficoltà, può costituire un punto di partenza notevole. La sordità, infatti, non è una malattia incurabile, tutt’altro, è una diversità che può diventare un’occasione di arricchimento culturale per il sordo stesso e per il contesto socio-culturale in cui interagisce, un’opportunità di crescita e confronto fra esperienze diverse in cui ritrovare la vera identità linguistica e personale di queste persone, il silenzio come strumento di comunicazione attraverso i gesti. Studi autorevoli hanno dimostrato che la capacità dei bambini sordi di apprendere una lingua vocale-acustica è maggiormente facilitata se intervengono due fattori principali: la libertà del bambino di utilizzare la lingua dei segni quale forma di potenziamento della sua capacità di apprendimento delle categorie grammaticali fondamentali ed il contatto quotidiano con la lingua vocale da apprendere nel contesto familiare e scolastico in cui interagisce.

L’utilizzo della lingua dei segni non deve, però, diventare motivo di emarginazione o ghettizzazione della comunità dei sordi nei confronti degli udenti non praticanti la LIS, viceversa deve sensibilizzare specialisti, interpreti e docenti a diffondere tale lingua, promuovendo dei corsi di insegnamento rivolti ai normoudenti, come forma di integrazione e interazione.