Dall’attuazione della legge 517, nasce l’acceso
dibattito sull’efficacia o meno del linguaggio dei segni da adottare a scuola
in presenza di altri studenti non sordi. La discussione coinvolge vari aspetti
e punti di vista, ma la considerazione che in questo contesto è opportuno fare
riguarda l’educazione, prima che dei sordi, degli udenti che assistono ed
interagiscono con i sordi stessi. La lingua dei segni pur avendo la denominazione
di lingua vera e propria, ancora oggi non viene regolarmente utilizzata nell’istruzione
dei bambini sordi. Le motivazioni possono essere rintracciate nella scarsità di
competenza e conoscenza, da parte soprattutto dei genitori stessi di questi
bambini, sia della LIS sia dei metodi riabilitativi che possono e devono, in
molti casi, essere applicati per diminuire l’handicap, metodi che esulano dalla
protesizzazione o l’impianto presso i centri diagnostici specializzati.
I soggetti coinvolti, non potendo esprimersi
nella forma comunicativa che viene loro spontanea, molto spesso subiscono
importanti traumi nella delicata fase dello sviluppo delle loro abilità
cognitive, linguistiche e sensoriali, con possibili ricadute psicologiche che
danno vita a comportamenti quali impulsività, iperdipendenza, bassa autostima, aggressività. Per abbattere queste barriere linguistiche e
principalmente psicologiche, come dimostrano gli studi neuro-psichici, è
necessario mutare l’approccio socio-educativo nei confronti dei non udenti a
partire dal contesto familiare di riferimento. Attuare nuove strategie
comunicative per impedire il manifestarsi dell’isolamento, come rifugio dalle
difficoltà, può costituire un punto di partenza notevole. La sordità, infatti, non è una malattia
incurabile, tutt’altro, è una diversità che può diventare un’occasione di
arricchimento culturale per il sordo stesso e per il contesto socio-culturale
in cui interagisce, un’opportunità di crescita e confronto fra esperienze
diverse in cui ritrovare la vera identità linguistica e personale di queste
persone, il silenzio come strumento di comunicazione attraverso i gesti. Studi autorevoli hanno dimostrato che la
capacità dei bambini sordi di apprendere una lingua vocale-acustica è
maggiormente facilitata se intervengono due fattori principali: la libertà del
bambino di utilizzare la lingua dei segni quale forma di potenziamento della
sua capacità di apprendimento delle categorie grammaticali fondamentali ed il
contatto quotidiano con la lingua vocale da apprendere nel contesto familiare e
scolastico in cui interagisce.
L’utilizzo della lingua dei segni non deve,
però, diventare motivo di emarginazione o ghettizzazione della comunità dei
sordi nei confronti degli udenti non praticanti la LIS, viceversa deve
sensibilizzare specialisti, interpreti e docenti a diffondere tale lingua,
promuovendo dei corsi di insegnamento rivolti ai normoudenti, come forma di
integrazione e interazione.